• -

OIM e UNHCR chiedono all’UE un approccio alle politiche su migrazioni e asilo che sia davvero comune e basato sui principi

Alla vigilia del lancio del nuovo Patto su migrazioni e asilo presentato dalla Commissione Europea, l’OIM, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni e l’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, si appellano all’Unione Europea (UE) affinché assicuri l’adozione di un approccio davvero comune e basato sui principi che affronti tutti gli aspetti inerenti alla governance delle questioni migratorie e dell’asilo. Le due organizzazioni delle Nazioni Unite auspicano che il Patto rappresenti un’opportunità nuova da cui partire per abbandonare l’approccio emergenziale che prevede l’adozione di accordi ad hoc in materia di asilo e migrazioni in Europa per passare a uno comune che sia maggiormente comprensivo, ben gestito e a lungo termine, sia in seno sia al di fuori dell’UE. Dato il numero relativamente contenuto di nuovi arrivi di rifugiati e migranti in Europa, il momento è favorevole per intraprendere un’azione comune.

I recenti eventi verificatisi nel Mediterraneo, tra cui i ritardi nell’autorizzare le operazioni di sbarco di migranti e rifugiati soccorsi in mare, l’aumento del numero di testimonianze di presunti respingimenti e gli incendi devastanti divampati nel Centro di registrazione e identificazione di Moria, sull’isola greca di Lesbo, hanno messo ulteriormente in evidenza la necessità di riformare con urgenza le politiche UE su migrazioni e asilo. La pandemia da COVID-19, inoltre, ha condizionato profondamente politiche e prassi in materia, e il deleterio impatto socioeconomico da essa prodotto non ha risparmiato nessuno. Rifugiati, migranti e Paesi che accolgono numeri elevati di rifugiati sono stati particolarmente colpiti su scala mondiale.

L’approccio attualmente adottato in seno all’UE è inattuabile, insostenibile e spesso comporta conseguenze devastanti sul piano umano. Data l’assenza di accordi condivisi in seno all’UE in merito alla gestione degli sbarchi, assenza che non ha fatto che aggravare le sofferenze delle persone soccorse, da tempo le due organizzazioni chiedono congiuntamente che si adotti un approccio europeo comune basato sulla condivisione di responsabilità tra Stati nelle operazioni di ricerca e soccorso e in quelle di sbarco per le persone salvate in mare. 

Fonte: https://italy.iom.int/it/notizie/oim-e-unhcr-chiedono-all’ue-un-approccio-alle-politiche-su-migrazioni-e-asilo-che-sia


  • -

Naturalizzazione negata

Nel 2018, la Segreteria di Stato della migrazione ha rifiutato la naturalizzazione ordinaria al figlio di un ex ministro del Kazakistan. Il Tribunale amministrativo federale conferma la decisione negativa a causa dei procedimenti giudiziari ancora in corso nei suoi confronti.

Ilyas Khrapunov risiede in Svizzera dal 1998. Il padre è stato sindaco della città di Almaty e ha ricoperto diversi ruoli ministeriali in Kazakistan, il suocero è un noto oppositore del regime kazako. Il regime di Astana gli rimprovera di aver aiutato i suoi genitori a riciclare svariati milioni di franchi svizzeri sottratti illecitamente durante i mandati politici del padre. La Segreteria di Stato della Migrazione (SEM) aveva dapprima sospeso la domanda di naturalizzazione presentata da Khrapunov nel 2006, per poi respingerla nel 2018. La SEM ha ritenuto che il richiedente non rispettasse l’ordinamento giuridico svizzero, e che la concessione dell’autorizzazione di naturalizzazione avrebbe potuto compromettere le relazioni bilaterali tra la Svizzera e il Kazakistan. L’interessato ha impugnato questa decisione dinanzi al Tribunale amministrativo federale (TAF).

Procedimenti giudiziari in corso
Una delle condizioni della naturalizzazione consiste nel rispetto dell’ordinamento giuridico svizzero, nonché degli ordinamenti giuridici esteri in caso di reati punibili anche in Svizzera. Di conseguenza, se un richiedente è oggetto di procedimenti giudiziari pendenti in Svizzera o all’estero, e in particolare di procedimenti penali, l’autorizzazione federale alla naturalizzazione non può di principio essere accordata.

Nella fattispecie, la famiglia Khrapunov è oggetto in Svizzera di un procedimento penale per riciclaggio di denaro. Nei confronti della famiglia sono stati promossi numerosi procedimenti anche in altri Paesi, e in special modo negli Stati Uniti e in Inghilterra, volti a ottenere la restituzione di denaro sottratto illecitamente. In virtù di una sentenza pronunciata da una corte britannica, nei confronti del ricorrente è stata avviata di recente anche una procedura esecutiva. Il ricorrente contesta però l’esecutorietà di tale sentenza.

Malus politico non decisivo
Il ricorrente allega in sostanza che le autorità kazake avrebbero sporto denunce penali e avviato cause civili infondate un po’ ovunque, al solo scopo di nuocere a lui e alla sua famiglia, essendo egli stesso imparentato con persone che un tempo erano vicine al regime kazako, ma al quale si sono in seguito apertamente opposte.

Benché questo argomento non sembri di primo acchito totalmente sprovvisto di fondamento, il TAF constata che alcuni procedimenti hanno avuto un esito negativo per il ricorrente. Vi sono inoltre anche altri elementi in virtù dei quali tali procedimenti non possono essere semplicemente ignorati. Per esempio, il ricorrente ha ricevuto da sua madre un importo di svariati milioni di dollari in circostanze poco chiare. In un simile quadro, il fatto che la domanda di naturalizzazione risalga al 2006 non ha importanza. Considerati i dati figuranti sull’estratto del casellario giudiziale e le indagini in corso, la SEM disponeva di validi motivi per sospendere la procedura di naturalizzazione. Il TAF respinge pertanto il ricorso dell’interessato.

Vedi sentenza (francese): Sentenza F-4866/2018

Fonte: https://www.bvger.ch/bvger/it/home/media/medienmitteilungen-2020/einbuergerung-oligarch.html


  • -

Procedure di asilo familiare eque

Con una sentenza di principio1 , il Tribunale amministrativo federale riconosce l’esistenza di una nuova circostanza particolare ostativa alla concessione dell’asilo familiare. Inoltre, stabilisce che il risultato dell’apprezzamento delle prove operato nel contesto di una procedura d’asilo a titolo originario già conclusa non può essere ripreso automaticamente nella procedura successiva riguardante l’asilo familiare. Il diritto di essere sentito deve essere nuovamente accordato e i risultati dell’esercizio di tale diritto devono essere apprezzati separatamente.

Una donna di origini tibetane aveva chiesto l’asilo in Svizzera nel 2015. La Segreteria di Stato della migrazione (SEM) aveva respinto la sua domanda. Sebbene la SEM avesse riconosciuto la sua appartenenza all’etnia tibetana, l’interessata non aveva comprovato di essere fuggita direttamente dalla Cina. Fondandosi in particolare su di un’analisi della provenienza svolta da un esperto esterno, la SEM era giunta alla conclusione che molto verosimilmente la richiedente era cresciuta negli ambienti della diaspora tibetana in India o nel Nepal. Di conseguenza, aveva ordinato il suo allontanamento dalla Svizzera e la sua esecuzione, salvo escludere un rinvio dell’interessata nella Repubblica popolare cinese, dati i rischi di persecuzione ai quali erano esposti i cittadini cinesi di origini tibetane in caso di rimpatrio.

Nel 2019, l’interessata ha contratto matrimonio in Svizzera con un uomo al quale era già stato accordato l’asilo in precedenza. Dopodiché, ha chiesto alla SEM di concederle l’asilo familiare, ossia di essere inclusa nello statuto di rifugiato concesso al coniuge. La SEM ha respinto la domanda, principalmente in virtù del fatto che nella procedura d’asilo originaria l’interessata aveva violato il proprio obbligo di collaborare nascondendo il suo principale luogo di socializzazione. Tale circostanza avrebbe impedito alla SEM di verificare se l’interessata avrebbe potuto stabilirsi, con il coniuge e il figlio, in uno Stato di cui forse possedeva la cittadinanza, altra circostanza che si sarebbe opposta alla concessione dell’asilo familiare.

Nuova «circostanza particolare»
Da questo caso il Tribunale amministrativo federale (TAF) trae una conclusione di principio: l’impossibilità per la SEM di verificare se il richiedente possiede un’altra cittadinanza, diversa da quella del membro della famiglia a cui è già stato riconosciuto lo statuto di rifugiato, può costituire una «circostanza particolare» che osta alla concessione dell’asilo familiare. Una tale costellazione è realizzata allorquando l’interessato commette una grave violazione del proprio obbligo di collaborare nella pertinente procedura.

Il diritto di essere sentito deve essere di nuovo concesso
Secondo il TAF, la SEM può tener conto dei fatti e mezzi di prova della procedura precedente ormai conclusa a condizione che nell’ambito della seconda procedura conceda di nuovo al richiedente la possibilità di esprimersi, ossia il diritto di essere sentito. In tale ambito la SEM deve informare anticipatamente il richiedente sulle conseguenze che una mancata collaborazione potrebbe avere sull’esito della nuova procedura. In seguito, dovrà valutare le osservazioni presentate dal richiedente nell’esercizio del diritto di essere sentito alla luce delle esigenze specifiche previste per le domande di asilo familiare.

Si tratta di un passo necessario, poiché la legge sottopone la procedura d’asilo originaria e la procedura per le domande di asilo familiare a condizioni diverse. Una dichiarazione del richiedente o il fatto quest’ultimo taccia nuovamente un elemento essenziale non ha, di principio, alcuna conseguenza sull’esecuzione della decisione di allontanamento, data l’esistenza di un potenziale diritto al rilascio di un permesso di soggiorno cantonale.

Necessità di un nuovo apprezzamento
In concreto la SEM è dunque tenuta, nell’ambito della procedura per la concessione dell’asilo familiare, a chiedere alla richiedente se intende mantenere le dichiarazioni effettuate nell’ambito della procedura d’asilo originaria, ossia se insiste nell’affermare di essere cresciuta nel Tibet e di possedere quindi unicamente la cittadinanza cinese, o se intende invece modificare le sue precedenti dichiarazioni e collaborare con la SEM affinché quest’ultima possa stabilire il suo vero luogo principale di socializzazione ed escludere che vi abbia ottenuto una nuova cittadinanza. Una volta ricevuta la risposta della richiedente nell’ambito della concessione del diritto di essere sentito, la SEM deve dunque procedere a un nuovo apprezzamento dell’insieme delle dichiarazioni e dei mezzi di prova versati agli atti, per poi in seguito, su queste basi, esaminare se l’obbligo di collaborare è stato violato anche nell’ambito della procedura tendente all’ottenimento dell’asilo familiare e valutare la gravità dell’eventuale violazione. Pertanto, il TAF annulla la decisione di rifiuto dell’asilo familiare e rinvia la causa alla SEM per complemento di istruzione e nuovo apprezzamento.

Vedi sentenza (francese): Sentenza E-1813/2019

Fonte: https://www.bvger.ch/bvger/it/home/media/medienmitteilungen-2020/faireverfahrenbetreffendfamilienasyl.html


  • -

Il TAF bacchetta la SEM su procedura asilo accelerata

Il Tribunale amministrativo federale (TAF) bacchetta la Segreteria di Stato della migrazione (SEM). Quest’ultima ha ripetutamente violato i diritti garantiti ai richiedenti asilo nell’ambito delle procedure accelerate.

Con un sentenza di principio, il TAF ha accolto il ricorso di un richiedente la cui domanda era stata decisa con la nuova procedura celere. Introdotta nel marzo 2019 dalla revisione della legge sull’asilo, questa procedura è applicabile alle domande che possono essere decise senza ulteriori chiarimenti.

Quando la SEM respinge la domanda, il termine per il ricorso al TAF è di sette giorni, mentre è di 30 giorni per la procedura ampliata riservata ai casi complessi. Nel caso specifico, il rappresentante legale del ricorrente aveva richiamato l’attenzione della SEM sulla complessità del caso. Dopo una prima audizione, la SEM ne aveva infatti effettuate altre due della durata di sei ore ciascuna.

La decisione sull’asilo – scrive il TAF in un comunicato stampa – era arrivata soltanto dopo 89 giorni di calendario, invece dei 29 giorni previsti dal legislatore. Al rappresentante legale erano però concessi soltanto 7 giorni di tempo per fare ricorso.

Errore di triage commesso dalla SEM

Nella loro sentenza, i giudici di San Gallo ammettono che la SEM ha compiuto ampie indagini ed ha motivato compiutamente la sua decisione. Ma benché la legge preveda che nella procedura celere la durata massima di 29 giorni può essere superata di “alcuni giorni”, la SEM ha oltrepassato anche questo margine “in misura massiccia”.

Le giustificazioni addotte dalla SEM per motivare la mancata attribuzione alla procedura ampliata non hanno peraltro convinto il collegio giudicante. Già in prima istanza il rappresentante legale aveva in effetti evidenziato la complessità della procedura e l’errore di triage. In conclusione, la Corte ha annullato la decisione e ha rinviato la causa alla SEM per un nuovo giudizio in procedura ampliata. La sentenza è definitiva.

Il TAF precisa inoltre che quello trattato non è un caso speciale. In molti altri casi, la SEM avrebbe dovuto optare per una procedura estesa, garantendo un termine ordinario di ricorso di 30 giorni.

(Sentenza E-6713/2019 del 9 giugno 2020)

Fonte: https://www.swissinfo.ch/ita/il-taf-bacchetta-la-sem-su-procedura-asilo-accelerata/45848752


  • -

23 minori provenienti dalla Grecia accolti in Svizzera. E’ necessario fare sforzi supplementari

23 minorenni non accompagnati con legami famigliari in Svizzera sono arrivati sul suolo svizzero. Erano rimasti bloccati nei campi rifugiati sovraffollati in Grecia, dove le condizioni sanitarie e di igiene sono catastrofiche. Tuttavia è necessario che la Svizzera faccia di più vista la minaccia che plana attualmente sulle vite di migliaia di rifugiati.

Accogliendo 23 minorenni non accompagnati che si trovavano nei campi per rifugiati in Grecia, la Svizzera segue l’esempio di altri paesi europei come il Lussemburgo e la Germania, che nelle scorse settimane avevano accolto altri giovani provenienti dalla Grecia. Altri paesi europei hanno annunciato di essere pronti ad accogliere dei minori non accompagnati. L’UE vuole ricollocare all’incirca 1600 giovani richiedenti asilo in altri paesi europei. 

Nell’ambito del regolamento Dublino III, nel gennaio 2020 la Svizzera ha proposto alla Grecia di accogliere dei richiedenti asilo minori non-accompagnati con dei legami famigliari in Svizzera. Ad oggi la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) ha accettato 22 richieste. A causa della crisi causata dal Coronavirus i trasferimenti Dublino sono stati momentaneamente sospesi, bloccando questi minori nell’orrore dei campi greci. Il 16 maggio questi bambini sono finalmente atterrati in Svizzera.

Un aiuto insufficiente

“L’accoglienza di 23 minori non accompagnati è un passo insufficiente per attenuare la crisi umanitaria che infuria nei campi rifugiati in Grecia. Fa ben poco per soddisfare il bisogno di protezione delle migliaia di persone a rischio. La Svizzera si limita ad applicare il regolamento di Dublino, mentre un ulteriore sforzo dovrebbe essere fatto per allentare la pressione sulla Grecia e per proteggere i rifugiati dai drammatici effetti del Coronavirus nei campi”, ha dichiarato Pablo Cruchon, responsabile della campagna migrazione di Amnesty International Svizzera.

Secondo il regolamento Dublino III, la Svizzera è tenuta a prendere in carico i minori non accompagnati che hanno dei legami familiari in Svizzera.

Circa 40’000 persone, tra cui circa 5’600 minori non accompagnati, sono attualmente costretti a vivere sotto delle tende o dei teloni in condizioni miserabili. A Moria, sull’isola di Lesbo, 19’000 persone sopravvivono in un campo previsto inizialmente per 2’800 persone, con a volte un solo punto d’acqua per 1’300 persone e senza sapone a disposizione. In queste condizioni il virus potrebbe diffondersi estremamente rapidamente e avere conseguenze drammatiche.

La Svizzera e l’Europa devono agire

La Svizzera e l’Europa hanno una parte di responsabilità in questa tragedia che è una conseguenza prevedibile del fallimento del sistema di Dublino e dell’accordo migratorio tra l’Europa e la Turchia.

“Il sistema di Dublino provoca una ripartizione completamente iniqua dei rifugiati. Costringe i paesi che si situano alle frontiere dell’Europa ad accogliere un numero più importante di rifugiati e di richiedenti asilo che gli altri paesi. L’accordo con la Turchia è dal canto suo fondato sull’ipotesi, sbagliata, che la Turchia sia un paese sicuro per i richiedenti asilo”, ha rilevato Pablo Cruchon.

Fonte: https://www.amnesty.ch/it/news/2020/svizzera-accoglie-23-minori-da-isole-greche-necessario-fare-di-piu


  • -

Asilo: il Tribunale amministrativo federale rispetta sostanzialmente i nuovi termini

Nel primo anno di applicazione della riveduta legge sull’asilo, il Tribunale amministrativo federale ha rispettato i termini di trattamento nel 70 per cento dei casi. In un altro 20 per cento dei casi i termini sono stati superati soltanto di pochi giorni. Il tribunale ha rinviato alla Segreteria di Stato della migrazione per nuovo giudizio il 15 per cento dei ricorsi soggetti al nuovo diritto.

Il 1o marzo 2019 è entrata in vigore la riveduta legge sull’asilo, la quale prevede che gran parte delle domande (procedura celere o procedura Dublino) deve essere trattata con giudizio definitivo entro 140 giorni. Nei casi in cui sono ancora necessari ulteriori accertamenti, il richiedente è attribuito a un Cantone (procedura ampliata).

Il rispetto dei termini è prioritario
Il termine a disposizione del Tribunale amministrativo federale (TAF) per l’evasione dei ricorsi interposti contro decisioni di non entrata nel merito (e in particolare delle procedure Dublino) o casi di richiedenti provenienti da Paesi sicuri è di cinque giorni lavorativi. Nella procedura celere, il TAF ha a disposizione 20 giorni di calendario, ma il legislatore ha stabilito che questi termini possono essere superati di alcuni giorni in presenza di motivi fondati (art. 109 cpv. 4 LAsi). 

Per il TAF, il rispetto dei termini di evasione brevi previsti dalla legge è altamente prioritario. I termini decorrono a contare dall’arrivo del ricorso, mentre i termini per la circolazione nel collegio giudicante sono stati ridotti a 1-3 giorni. Nei casi in cui sono necessari ulteriori accertamenti la legge prescrive il passaggio alla procedura ampliata.

Aumento dei rinvii alla SEM
Nel periodo compreso tra il 1o marzo 2019 e il 29 febbraio 2020, il tasso di rinvio nelle procedure previste dalle nuove disposizioni della legge sull’asilo si attestava al 15 per cento, a fronte del 6,5 per cento che si registrava nei «vecchi dossier». Nella stragrande maggioranza dei casi la decisione è stata cassata, poiché la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) non aveva accertato i fatti in modo sufficiente, soprattutto quanto al motivo della domanda d’asilo. La seconda causa più frequente consisteva nell’insufficiente accertamento dei problemi di salute dei richiedenti.

Fonte: https://www.bvger.ch/bvger/it/home/media/medienmitteilungen-2020/mm-asylbilanz-0320.html


  • -

Trasferimenti Dublino verso la Bulgaria: nessuna carenza sistemica, ma valutazione caso per caso

Il Tribunale amministrativo federale (TAF) ha esaminato la situazione dei richiedenti l’asilo accolti in Bulgaria nell’ambito dei trasferimenti Dublino, e stabilito che la procedura d’asilo e le condizioni di accoglienza non presentano carenze sistemiche tali da giustificare la completa sospensione dei rinvii verso questo Paese. Occorre piuttosto valutare caso per caso se è necessario o no rinunciare al trasferimento di un richiedente.

Dopo aver chiesto asilo in Bulgaria, una cittadina dello Sri Lanka è arrivata in Svizzera per presentare una nuova domanda d’asilo. Ritenendo che non vi fossero motivi contrari al suo trasferimento in Bulgaria, la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) ha emesso una decisione di non entrata nel merito Dublino. Tale decisione è cresciuta in giudicato. Successivamente l’interessata ha presentato una domanda di riesame affermando di soffrire di un disturbo post traumatico da stress che in Bulgaria non poteva essere adeguatamente curato, di temere di non poter più beneficiare delle prestazioni ordinarie poiché la sua domanda era già stata respinta dalle autorità bulgare e di rischiare addirittura di essere incarcerata ed esposta a condizioni inumane o di essere rimpatriata in violazione del principio di non respingimento.

Adito dall’interessata con un ricorso interposto contro la reiezione della domanda di riesame decisa dalla SEM, il TAF ha esaminato approfonditamente la situazione generale dei richiedenti l’asilo in Bulgaria e la situazione individuale dell’interessata.

Nessuna carenza sistemica
Fondandosi su diversi rapporti, il TAF ha stabilito che le carenze indubbiamente preoccupanti che caratterizzano la procedura d’asilo e le condizioni di accoglienza in Bulgaria non sono tuttavia sufficientemente gravi per essere considerate carenze sistemiche giustificanti la completa sospensione dei rinvii verso tale Paese.

Situazione dei richiedenti particolarmente vulnerabili
In assenza di carenze sistemiche, il TAF ha ritenuto che una rinuncia generale al trasferimento dei richiedenti particolarmente vulnerabili verso la Bulgaria non sarebbe giustificata. Tuttavia, il trasferimento di questi richiedenti presuppone una valutazione dettagliata di ogni singolo caso, al fine di escludere che al momento del ritorno in Bulgaria un richiedente possa subire trattamenti inumani e degradanti. Tale valutazione può anche sfociare sulla richiesta di concrete e previe garanzie da parte delle autorità bulgare.

Esame del caso individuale
Nella fattispecie, la vulnerabilità particolare della ricorrente ha giustificato la rinuncia al suo trasferimento verso la Bulgaria. A questo riguardo, il TAF ha tenuto conto non solo delle fragili condizioni di salute dell’interessata, ma anche dello stadio in cui si trova la sua procedura d’asilo in Bulgaria, delle possibilità di presa in carico sanitaria e, più in generale, delle condizioni di accoglienza (o di detenzione) alle quali si troverebbe confrontata al momento del ritorno in tale Paese.

Vedi sentenza (francese): Sentenza F-7195/2018

Fonte: https://www.bvger.ch/bvger/it/home/media/medienmitteilungen-2020/dublin-ueberstellungennach_bulgarien.html


  • -

Svizzera, no al rinvio in Italia dopo il Decreto sicurezza

Le famiglie di richiedenti asilo, in particolare con membri che hanno bisogno di cure mediche immediate, non possono essere rinviate in Italia E’ necessaria una valutazione precisa delle “condizioni effettive e concrete della presa a carico delle famiglie in Italia nei centri di prima accoglienza” prima di prendere una nuova decisione, secondo il Tribunale.

Lo ha deciso il Tribunale amministrativo federale in seguito, tra l’altro, all’inasprimento dell’iter d’asilo previsto dal Decreto sicurezza.

E’ stato accolto il ricorso di una donna nigeriana che, sulla base dell’accordo di Dublino, avrebbe dovuto essere rinviata in Italia assieme ai due figli. Nelle ultime settimane, il tribunale aveva pronunciato un altro paio di sentenze che andavano nello stesso senso. Il TAF ha così chiesto alla Segreteria di Stato della migrazione (SEM), l’autorità federale competente nell’ambito dell’asilo,di procedere a una valutazione precisa delle “condizioni effettive e concrete della presa a carico delle famiglie in Italia nei centri di prima accoglienza” prima di prendere una nuova decisione.


Il Tribunale amministrativo federale della Svizzera ha ritenuto, infatti, che, a seguito dell’emanazione del D.L. 113/2018,  il richiamo, da parte delle Autorità italiane, alla “circolare” 8 gennaio 2019 inviata dalla Unità di Dublino del Ministero dell’Interno agli Stati UE non può essere considerato garanzia sufficiente – alla luce della giurisprudenza della Corte EDU e di quella elvetica – per escludere il rischio di violazione dell’art. 3 della Convenzione in caso di trasferimento in Italia di richiedenti asilo. L’Italia deve quindi fornire garanzie supplementari in ordine allo specifico e concreto trattamento nei centri di accoglienza, con particolare riferimento – ma non solo – alle cure mediche.


«Tenuto conto dei cambiamenti avvenuti in seguito all’entrata in vigore del ‘Decreto Salvini’  il Tribunale è del parere che la giurisprudenza Tarakhel deve essere estesa alle persone che soffrono di malattie (somatiche o psichiche) gravi o croniche, che necessitano una presa a carico immediata al loro arrivo in Italia».

Fonte: https://www.asgi.it/notizie/svizzera-no-al-rinvio-in-italia-dopo-il-decreto-sicurezza/


  • -

La tutela dei diritti nel quadro del sistema di Dublino

Ne parleranno Francesco Maiani, Professore di diritto europeo nell’Università di Losanna

e

Valerio Prato, Migration Officer al Servizio Sociale Internazionale (SSI) – Svizzera

lunedì 21.01.2019, 17.30–19.30, Aula A12, Palazzo rosso, Campus USI

L’appuntamento s’inserisce nel quadro dei seminari proposti dalla Fondazione Azione Posti Liberi e dall’Istituto di diritto dell’USI (IDUSI) per conoscere i molteplici strumenti di protezione giuridica ai richiedenti l’asilo previsti dal diritto della migrazione.

Per iscrizioni e ulteriori dettagli vi invitiamo a fare riferimento  al flyer allegato

IDUSI-seminario-migrazione-2019_3_A5


  • -

Migranti dalla Svizzera in Italia: «Respingiamo anche i minori»

La denuncia dell’avvocato Bernasconi, che collaborò con Falcone: «Qui negati i diritti».

L’avvocato è uno che va subito al punto. «Tanto per essere chiari — scandisce — in Ticino è più facile ottenere un permesso di dimora o lavoro come prostituta che come richiedente asilo. C’è qualcosa che non funziona se siamo il Paese più ricco del mondo e non riusciamo a garantire i diritti fondamentali di questa gente che scappa dalla guerra, sì, ma pure dalla fame. Anche questo continuo distinguere fra bombe e pane… Perché? La fame forse è più accettabile?».

Leggi qui

 


Ricerca