Per il Ticino India può restare
RIFUGIATI / Il Cantone auspica che la diciannovenne e la sua famiglia possano rimanere in Svizzera, ma il loro destino è nelle mani della Confederazione – La giovane vive da dieci anni nel Mendrisiotto e in tanti si stanno battendo per evitare che venga rispedita in Etiopia
Di John Robbiani / 19 gennaio 2022 , 22:00 / Ticino
La storia della giovane India sta appassionando i ticinesi. E le dimostrazioni di solidarietà si moltiplicano di giorno in giorno. Si sono mossi i suoi amici, i suoi compagni di scuola, il mondo cattolico (il vescovo in persona) e la politica. Si sono mossi gli avvocati, che hanno chiesto l’applicazione della legge per i casi di rigore, e l’Ufficio (cantonale) della migrazione, che ha scritto ai colleghi della SEM (la Segreteria di Stato della migrazione, federale) dando un preavviso favorevole. Perché India ha vissuto quasi tutta la sua vita in Ticino, perché la sua famiglia (madre e fratello maggiore) si è integrata e perché tutti assieme si sono dati da fare. Il destino della 19.enne India sarà ora stabilito a Berna. E a pesare sulla valutazione dei funzionari federali sarà molto probabilmente il grado di «ragionevolezza» del rientro nel Paese d’origine della ragazza: l’Etiopia. Una nazione con cui la Svizzera nel 2019 ha firmato un accordo che disciplina la cooperazione in materia di rimpatri e per cui dal 2006 esiste un Programma di aiuto al ritorno. Ma è anche un Paese ancora profondamente instabile, dove gli scontri etnici, soprattutto nella regione del Tigray, continuano a causare morti. E poi c’è la fame, con gli emissari del Programma alimentare mondiale che proprio ieri hanno dichiarato che l’area è sull’orlo di un disastro umanitario.
Tutto inizia nel 2002
Ieri il direttore del Dipartimento delle Istituzioni Norman Gobbi e la caposezione dell’Ufficio della popolazione Silvia Gada hanno incontrato i media per parlare del caso («in via eccezionale, visto che lo stesso è diventato di dominio pubblico») e per tentare di chiarire alcuni aspetti tecnici di una procedura, quella delle richieste d’asilo, complessa e non facile da spiegare ai non addetti ai lavori. E per sottolineare, visti i numerosi appelli a Gran Consiglio e Governo, come i Cantoni abbiano in realtà poca voce in capitolo. L’ultima parola spetta sempre alla SEM o, in caso di ricorsi, ai tribunali. Ma facciamo un passo indietro e torniamo al 2012.
È in quell’anno che la famiglia di India presenta una domanda d’asilo stabilendosi a Morbio, ma viene respinta due anni dopo proprio dalla SEM. Vano il successivo ricorso: viene respinto dal Tribunale amministrativo federale, che indica anche un termine per il rimpatrio.
Il secondo ricorso
A questo punto gli avvocati si muovono chiedendo una proroga del termine imposto per lasciare la Svizzera. La famiglia chiede che le venga riconosciuto lo status di apolide non riuscendo ad ottenere i documenti dall’Etiopia. Ma la SEM, e poi di nuovo il Tribunale amministrativo federale, bocciano la richiesta e ribadiscono la decisione di rimpatrio. È in quel periodo (cfr. il CdT del 6 luglio 2020) che parte dell’opinione pubblica inizia a prendere a cuore il caso. Merito soprattutto delle compagne di scuola di India e di una sua ex docente, che portano alla luce la vicenda e chiedono alle autorità di rivedere la decisione.
Il caso di rigore
Ma veniamo agli ultimi sviluppi. Recentemente l’avvocata Immacolata Iglio Rezzonico ha presentato, visto il lungo tempo trascorso dall’arrivo in Svizzera, un’istanza di rigore. Di cosa si tratta? La Legge federale sugli stranieri e la Legge sull’asilo prevedono, a determinate condizioni, la possibilità di rilasciare un permesso di dimora a favore di un cittadino straniero qualora un suo allontanamento lo metta in una situazione personale di estrema gravità. E proprio in quest’ottica andava letto l’appello del vescovo e di diversi parlamentari (PPD, PLR, ma anche della sinistra e dei verdi) che chiedevano, appunto, che il caso di rigore venisse accettato. Una posizione, come confermato da Gobbi e da Gada, condivisa anche dall’Ufficio della migrazione. «In questi giorni – è stato spiegato – abbiamo approfondito il caso e, basandoci sulla giurisprudenza e considerando il fatto che i due giovani hanno vissuto una parte preponderante della loro vita in Svizzera, abbiamo indicato alla SEM un preavviso favorevole». Ci sarebbero insomma, anche secondo i funzionari cantonali, dubbi legittimi sulla proporzionalità del rientro in Etiopia. Questo considerando oltretutto il grado d’integrazione e l’impegno dimostrato nel corso di quasi un decennio di permanenza in Svizzera. Una notizia che, per India e la sua famiglia, rappresenta una speranza. Felici chiaramente anche i loro legali. «Anche se – precisa l’avvocata Iglio Rezzonico – sono stata informata del preavviso cantonale 4 minuti prima dell’inizio della conferenza stampa…». «Ora sarà la SEM – ha sottolineato il PPD in una nota – a decidere il da farsi, tuttavia la scelta del Consiglio di Stato permette di ridare speranza a questa famiglia. Senza l’interesse e l’affetto dimostrato alla ragazza e ai suoi familiari da parte della comunità che li ha accolti e in cui hanno vissuto fino ad oggi, sarebbero già costretti a rientrare nella patria dalla quale erano fuggiti ormai dieci anni fa».
Berna analizza quanto è sicuro tornare nella nazione d’origine
In Ticino tra il 2016 e il 2021 sono state presentate 26 domande per i casi di rigore e solamente una è stata respinta. Richieste che sono poi state sottoposte alla Segreteria di Stato della migrazione (che ha l’ultima parola in questo campo), che ne ha approvate 17 e respinte 7. Sono dati forniti oggi alla stampa dal consigliere di Stato Norman Gobbi e dalla caposezione della popolazione Silvia Gada. Un modo per dimostrare – e per rispondere a una recente interrogazione presentata dal PS (prima firmataria Anna Biscossa) – che sui casi di rigore gli organi cantonali sono meno restrittivi di quelli federali. Questo anche e soprattutto perché la Confederazione, nella sua analisi, attraverso i rapporti forniti dal Dipartimento degli esteri e l’intelligence, valuta, in caso di rimpatrio, lo stato di sicurezza della nazione d’origine dei richiedenti a cui viene negato l’asilo. Una valutazione che ben difficilmente possono fare, con cognizione di causa, i singoli cantoni. Nella sua interrogazione Biscossa indicava l’esiguo numero di richieste presentate in Ticino rispetto ad altri cantoni (632, per esempio, i casi di rigore concessi dal canton Zurigo, con un solo rifiuto; 383 in Argovia, con zero rifiuti). «Sono dati errati – ha risposto Gobbi – e che non riguardano la situazione specifica». Ma come mai questa differenza tra cantone e cantone? «Perché il Ticino – ha spiegato il consigliere di Stato – riceve meno asilanti rispetto ad altre regioni. Questo perché sul nostro territorio, a Pasture, è presente il Centro federale d’asilo». Il Ticino funge dunque da «porta d’entrata» per i richiedenti l’asilo che poi, ottenuto il permesso N, vengono «smistati» tra i vari cantoni. Biscossa si è invece detta convinta che le poche richieste in Ticino siano da attribuire a una sorta di scoraggiamento che spingerebbe i richiedenti l’asilo a non farsi avanti. «Assolutamente – ha ribadito Gobbi – questo non è vero».
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Fonte: https://www.cdt.ch/ticino/per-il-ticino-india-puo-restare-IG5091695